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1. Parlami di dove sei cresciuto...
Federico Arcangeli: Sono nato a Rimini nel 1983, e da allora è sempre stata la mia sola ed unica città. Ricordo poco degli anni 80, quando Rimini era al suo apice, ero troppo piccolo e di quell’epoca ho solo qualche flash della spiaggia e l’odore del mare. Sono più un figlio degli anni 90, che è forse l’inizio del declino della famosa Rimini delle discoteche. I maggiori ricordi che ho, sono legati agli amici e le serate passate insieme. Sin da ragazzino ho sempre amato stare fuori, e le mura di casa mi sono sempre state strette. Ogni qual volta un qualsiasi motivo mi impediva di uscire, diventavo irrequieto e sentivo che la vita era là ad aspettarmi ed io me la stavo perdendo. Rimini in questo ha sempre avuto tanto da offrire. Non scorderò mai tutti i fine settimana passati al Velvet, che era un po’ la mia seconda casa ed ora, non c’è più.
2. E poi la fotografia?
Il mio incontro con la fotografia è avvenuto piuttosto recentemente. Quando andai a vivere da solo mi portai dietro una vecchia Pentax Me Super di mio padre e la tenevo in bella vista su una mensola, come oggetto da arredamento. Un giorno, quasi per gioco, decisi di provarla e comprai un rullino. Il montare la pellicola, il tirare la leva, il rumore dell’otturatore, trovai tutto molto fisico e da quel giorno non ho mai smesso di scattare. Ancora prima di innamorarmi della fotografia, quindi, mi sono innamorato del mezzo. Difficilmente ora riesco a vedermi senza una macchina fotografica, che da quel giorno ho sempre portato con me, ovunque andassi. Trovo complicato dire tre cose di cui non posso fare a meno della fotografia perché oramai è diventuta un bisogno primario. Posso dire peró che la fotografia mi ha cambiato, mi ha reso più sensibile, più curioso di ciò che mi circonda, mi ha insegnato ad osservare le persone e indipendentemente che io abbia o no una macchina per catturare il momento, il mio modo di osservare il mondo adesso è diverso.
3. Come nasce il progetto 'Pleasure Island'?
Il progetto 'Pleasure Island' è nato in maniera molto naturale. Da quando ho iniziato a scattare ho sempre una macchina con me, ovunque vada. Uscendo con gli amici, ci si spostava spesso alle feste, in qualche club o semplicemente per i locali della città ed ogni qual volta qualcosa attirava la mia attenzione io ero lì pronto a scattare. Poi tornavo a casa e sviluppavo i rullini, molte volte a distanza di mesi. Le immagini catturate erano nuovamente lì davanti ai miei occhi, e più ne collezionavo più, guardandole, capivo che non erano slegate ma, una affianco all’altra, erano lo spaccato di un’era, o più precisamente la fine.
4. Quando hai capito che questo racconto poteva diventare un libro.
Appena ho capito che le singole foto potevano essere un racconto ho subito pensato di volerne fare un libro.
Avevo già stampato ed auto pubblicato in precedenza. Ho sempre amato i libri fotografici e la mia libreria ne è invasa. Credo che, a differenza di una mostra, il poter sfogliare le pagine toccandole con mano e sentendone l’odore sia molto intimo. Sei tu con le immagini e nessun altro, e puoi farlo ogni qual volta ne sentì il bisogno.
Volevo questo per Pleasure Island, coinvolgere e tirare dentro la storia chi guarda, mentre le pagine scorrono una dopo l’altra.
5. Il libro include anche un testo del sociologo Aldo Bonomi, che parla di Rimini come il "divertimentificio" italiano. Quanto c'è di vero in questo?
Leggendo “il distretto del piacere” di Aldo Bonomi non posso che trovarmi d’accordo. La riviera romagnola è un parco giochi a misura di desideri. Tutto invita a lasciarsi andare e perdere le inibizioni. Dove tutto è pensato per il divertimento e il raggiungimento della felicità, anche fosse per una notte. Sa essere sexy ed ammaliante, ma è anche effimera. C’è una frase all’interno del libro di Bonomi che adoro.
« Il distretto del piacere è il luogo della falsa evidenza “per cui un bell’abito pare in ogni caso la promessa di un bel corpo.»
6. Hai fotografato le persone nelle situazioni più disparate, imbarazzanti, scomode...
La discoteca è un luogo estraniante e questo permette margine d’azione. Le persone sono intente a lasciarsi andare ed il flash della macchina fotografica si confonde con le luci e gli strobo della pista. Per questo non ho riscontrato particolari problemi. Mi è capitato un gestore di un locale che mi ha chiesto perché stessi fotografando, ma nulla di più. Mi piace anche regalare una stampa alle persone che ho fotografato, quando ho modo di poterlo fare. Mi è capitato invece che una ragazza, tempo dopo, si riconoscesse in uno scatto in cui era abbracciata ad un ragazzo. Pensavo già di ritrovarmi in una discussione poco divertente con domande sul perché avessi fatto quello scatto. Invece mi ha chiesto: "Dove hai scattato la foto? Perché non mi ricordo minimamente a chi fossi abbracciata!" Tutt’ora rimane un mistero.
7. Cosa è per te l'isola del piacere?
Ho sempre considerato Rimini sexy, affascinante ed estremamente seducente, un po’ come il paese dei balocchi di Pinocchio. Da qui il titolo del lavoro, che altro non è che la traduzione inglese usata nel cartone animato della Disney. Come il paese dei balocchi, con tutto ciò che ha da offrire, affascina e trasforma Pinocchio , così fa anche Rimini con chi la vive. Ed esattamente come accade al famoso burattino, anche la riviera può incastrarti in un circolo vizioso, quello della ricerca del divertimento ad ogni costo. Osservando attentamente, si nota come i personaggi dei miei scatti siano spesso inusuali e si discostino dal classico frequentatore che ci si aspetta di trovare in discoteca.
8. Come è cambiata ai tuoi occhi la tua città?
Rimini, ha avvolto i suoi tentacoli anche su di me , ed anche io, come scrive Aldo Bonomi , sono un consumattore.
Amo la mia città, è poco più grande di un paese, ma sempre in grado di sorprendermi. Il mio lavoro è nato da questo sentimento. È, a modo mio, una è dichiarazione d’amore. Rimini è cambiata negli anni, molti dei club più famosi hanno chiuso e ci sono passate le ruspe. Questo mio lavoro fotografa la fine di un’era, con una vena nostalgica che forse mi accompagna. Io credo però che Rimini non stia morendo, si sta solo trasformando, e continuerà a far sognare. Solo il tempo potrà dirlo.
9. Privilegi una narrazione in bianco e nero, dai contrasti vivaci, capace di dare vita ai soggetti, a estrarli quasi dalla scena. Quali sono stati i tuoi riferimenti in fotografia?
Ho sempre sentito più mio il bianco e nero piuttosto che il colore. Se guardo la mia libreria fotografica i fotografi che più mi hanno influenzato usano principalmente il bianco e nero come mezzo espressivo. Daido Moriyama e Michael Ackerman, per esempio, o Ken Schles con il suo lavoro Night Walk, Weegee e Tomasz Lazar, hanno tutti influenzato il mio modo di osservare. Non posso non citare tra questi anche Marco Pesaresi con il suo splendido lavoro su Rimini, o gli stessi personaggi dei film di Federico Fellini. La mia fotografia la trovo molto istintiva, non mi è mai interessata la perfezione, la ricerca dell’estetica ad ogni costo. Ho sempre prediletto il contenuto. Adoro l’imperfezione, e forse anche da questo che nasce la mia scelta di usare la pellicola , perché sa essere imprevedibile. Mi piace che la fotografia non dica tutto, preferisco una foto che sollevi domande piuttosto una che dia tutte le risposte. La fotografia di Pleasure Island per esempio è caratterizzata dall’utilizzo del flash, stile paparazzo, che ha reso il progetto molto più crudo ed incisivo, come volevo.
10. 'Pleasure Island' rappresenta un approdo importante del tuo percorso autorale ma probabilmente anche uno stimolo, un nuovo inizio? A cosa stai lavorando?
Al momento sto lavorando a qualcosa di nuovo. Dopo Pleasure Island ho deciso di abbandonare l’uso del flash che lo aveva caratterizzato, per dare un punto di rottura con il progetto. Sta cambiando anche il mio modo di approcciarmi alle situazioni che mi si presentano di fronte. Il prossimo lavoro non sarà per forza di cose legato ad un luogo od ad un argomento. Voglio che sia la fotografia a guidarmi, spegnere il cervello in fase di raccolta e riaccenderlo solo in fase di editing. Sono molto curioso di vedere dove tutto questo mi porterà. Sono sicuro che la fotografia saprà sorprendermi ancora.
1. Parlami di dove sei cresciuto...
Federico Arcangeli: Sono nato a Rimini nel 1983, e da allora è sempre stata la mia sola ed unica città. Ricordo poco degli anni 80, quando Rimini era al suo apice, ero troppo piccolo e di quell’epoca ho solo qualche flash della spiaggia e l’odore del mare. Sono più un figlio degli anni 90, che è forse l’inizio del declino della famosa Rimini delle discoteche. I maggiori ricordi che ho, sono legati agli amici e le serate passate insieme. Sin da ragazzino ho sempre amato stare fuori, e le mura di casa mi sono sempre state strette. Ogni qual volta un qualsiasi motivo mi impediva di uscire, diventavo irrequieto e sentivo che la vita era là ad aspettarmi ed io me la stavo perdendo. Rimini in questo ha sempre avuto tanto da offrire. Non scorderò mai tutti i fine settimana passati al Velvet, che era un po’ la mia seconda casa ed ora, non c’è più.
2. E poi la fotografia?
Il mio incontro con la fotografia è avvenuto piuttosto recentemente. Quando andai a vivere da solo mi portai dietro una vecchia Pentax Me Super di mio padre e la tenevo in bella vista su una mensola, come oggetto da arredamento. Un giorno, quasi per gioco, decisi di provarla e comprai un rullino. Il montare la pellicola, il tirare la leva, il rumore dell’otturatore, trovai tutto molto fisico e da quel giorno non ho mai smesso di scattare. Ancora prima di innamorarmi della fotografia, quindi, mi sono innamorato del mezzo. Difficilmente ora riesco a vedermi senza una macchina fotografica, che da quel giorno ho sempre portato con me, ovunque andassi. Trovo complicato dire tre cose di cui non posso fare a meno della fotografia perché oramai è diventuta un bisogno primario. Posso dire peró che la fotografia mi ha cambiato, mi ha reso più sensibile, più curioso di ciò che mi circonda, mi ha insegnato ad osservare le persone e indipendentemente che io abbia o no una macchina per catturare il momento, il mio modo di osservare il mondo adesso è diverso.
3. Come nasce il progetto 'Pleasure Island'?
Il progetto 'Pleasure Island' è nato in maniera molto naturale. Da quando ho iniziato a scattare ho sempre una macchina con me, ovunque vada. Uscendo con gli amici, ci si spostava spesso alle feste, in qualche club o semplicemente per i locali della città ed ogni qual volta qualcosa attirava la mia attenzione io ero lì pronto a scattare. Poi tornavo a casa e sviluppavo i rullini, molte volte a distanza di mesi. Le immagini catturate erano nuovamente lì davanti ai miei occhi, e più ne collezionavo più, guardandole, capivo che non erano slegate ma, una affianco all’altra, erano lo spaccato di un’era, o più precisamente la fine.
4. Quando hai capito che questo racconto poteva diventare un libro.
Appena ho capito che le singole foto potevano essere un racconto ho subito pensato di volerne fare un libro.
Avevo già stampato ed auto pubblicato in precedenza. Ho sempre amato i libri fotografici e la mia libreria ne è invasa. Credo che, a differenza di una mostra, il poter sfogliare le pagine toccandole con mano e sentendone l’odore sia molto intimo. Sei tu con le immagini e nessun altro, e puoi farlo ogni qual volta ne sentì il bisogno.
Volevo questo per Pleasure Island, coinvolgere e tirare dentro la storia chi guarda, mentre le pagine scorrono una dopo l’altra.
5. Il libro include anche un testo del sociologo Aldo Bonomi, che parla di Rimini come il "divertimentificio" italiano. Quanto c'è di vero in questo?
Leggendo “il distretto del piacere” di Aldo Bonomi non posso che trovarmi d’accordo. La riviera romagnola è un parco giochi a misura di desideri. Tutto invita a lasciarsi andare e perdere le inibizioni. Dove tutto è pensato per il divertimento e il raggiungimento della felicità, anche fosse per una notte. Sa essere sexy ed ammaliante, ma è anche effimera. C’è una frase all’interno del libro di Bonomi che adoro.
« Il distretto del piacere è il luogo della falsa evidenza “per cui un bell’abito pare in ogni caso la promessa di un bel corpo.»
6. Hai fotografato le persone nelle situazioni più disparate, imbarazzanti, scomode...
La discoteca è un luogo estraniante e questo permette margine d’azione. Le persone sono intente a lasciarsi andare ed il flash della macchina fotografica si confonde con le luci e gli strobo della pista. Per questo non ho riscontrato particolari problemi. Mi è capitato un gestore di un locale che mi ha chiesto perché stessi fotografando, ma nulla di più. Mi piace anche regalare una stampa alle persone che ho fotografato, quando ho modo di poterlo fare. Mi è capitato invece che una ragazza, tempo dopo, si riconoscesse in uno scatto in cui era abbracciata ad un ragazzo. Pensavo già di ritrovarmi in una discussione poco divertente con domande sul perché avessi fatto quello scatto. Invece mi ha chiesto: "Dove hai scattato la foto? Perché non mi ricordo minimamente a chi fossi abbracciata!" Tutt’ora rimane un mistero.
7. Cosa è per te l'isola del piacere?
Ho sempre considerato Rimini sexy, affascinante ed estremamente seducente, un po’ come il paese dei balocchi di Pinocchio. Da qui il titolo del lavoro, che altro non è che la traduzione inglese usata nel cartone animato della Disney. Come il paese dei balocchi, con tutto ciò che ha da offrire, affascina e trasforma Pinocchio , così fa anche Rimini con chi la vive. Ed esattamente come accade al famoso burattino, anche la riviera può incastrarti in un circolo vizioso, quello della ricerca del divertimento ad ogni costo. Osservando attentamente, si nota come i personaggi dei miei scatti siano spesso inusuali e si discostino dal classico frequentatore che ci si aspetta di trovare in discoteca.
8. Come è cambiata ai tuoi occhi la tua città?
Rimini, ha avvolto i suoi tentacoli anche su di me , ed anche io, come scrive Aldo Bonomi , sono un consumattore.
Amo la mia città, è poco più grande di un paese, ma sempre in grado di sorprendermi. Il mio lavoro è nato da questo sentimento. È, a modo mio, una è dichiarazione d’amore. Rimini è cambiata negli anni, molti dei club più famosi hanno chiuso e ci sono passate le ruspe. Questo mio lavoro fotografa la fine di un’era, con una vena nostalgica che forse mi accompagna. Io credo però che Rimini non stia morendo, si sta solo trasformando, e continuerà a far sognare. Solo il tempo potrà dirlo.
9. Privilegi una narrazione in bianco e nero, dai contrasti vivaci, capace di dare vita ai soggetti, a estrarli quasi dalla scena. Quali sono stati i tuoi riferimenti in fotografia?
Ho sempre sentito più mio il bianco e nero piuttosto che il colore. Se guardo la mia libreria fotografica i fotografi che più mi hanno influenzato usano principalmente il bianco e nero come mezzo espressivo. Daido Moriyama e Michael Ackerman, per esempio, o Ken Schles con il suo lavoro Night Walk, Weegee e Tomasz Lazar, hanno tutti influenzato il mio modo di osservare. Non posso non citare tra questi anche Marco Pesaresi con il suo splendido lavoro su Rimini, o gli stessi personaggi dei film di Federico Fellini. La mia fotografia la trovo molto istintiva, non mi è mai interessata la perfezione, la ricerca dell’estetica ad ogni costo. Ho sempre prediletto il contenuto. Adoro l’imperfezione, e forse anche da questo che nasce la mia scelta di usare la pellicola , perché sa essere imprevedibile. Mi piace che la fotografia non dica tutto, preferisco una foto che sollevi domande piuttosto una che dia tutte le risposte. La fotografia di Pleasure Island per esempio è caratterizzata dall’utilizzo del flash, stile paparazzo, che ha reso il progetto molto più crudo ed incisivo, come volevo.
10. 'Pleasure Island' rappresenta un approdo importante del tuo percorso autorale ma probabilmente anche uno stimolo, un nuovo inizio? A cosa stai lavorando?
Al momento sto lavorando a qualcosa di nuovo. Dopo Pleasure Island ho deciso di abbandonare l’uso del flash che lo aveva caratterizzato, per dare un punto di rottura con il progetto. Sta cambiando anche il mio modo di approcciarmi alle situazioni che mi si presentano di fronte. Il prossimo lavoro non sarà per forza di cose legato ad un luogo od ad un argomento. Voglio che sia la fotografia a guidarmi, spegnere il cervello in fase di raccolta e riaccenderlo solo in fase di editing. Sono molto curioso di vedere dove tutto questo mi porterà. Sono sicuro che la fotografia saprà sorprendermi ancora.
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